Incipit #2

Il 238 telonato passò rapido per la via principale che spaccava in due il sobborgo.

La strada, piena di buchi e lavori lasciati a metà, fece sobbalzare il camion. Dal retro, qualcosa si staccò dal carico. Il tonfo sordo si perse nel rumore metallico del rimorchio, che sferragliava come se ogni giuntura fosse sul punto di cedere.

Gianni, fermo sul ciglio, venne investito dalla polvere. Maledisse tra i denti e alzò il braccio per coprirsi il volto. Strizzando gli occhi, riuscì a vedere l’oggetto caduto. Quando il polverone si diradò, il camion era già sparito, inghiottito dalla curva che portava verso la zona industriale.

In mezzo alla strada, c’era un libro.

Gianni guardò intorno. Nessuno. Attraversò la strada senza fretta, ma con l’attenzione di chi sa che ogni angolo può nascondere un paio d’occhi. Si chinò e raccolse il libro. Non sembrava fare nulla di male, eppure lo fece con cautela. Poi riprese a camminare, passo sicuro. Sembrava soddisfatto.

Fece pochi metri lungo il marciapiede, poi infilò un vicolo tra due palazzoni anneriti. Ombroso, stretto, puzzava di umido e vecchie abitudini.

Lontano da sguardi, Gianni tirò fuori il libro. Lo sfogliò veloce, come chi sa cosa sta cercando. Di tanto in tanto si fermava, leggeva un pezzo, accennava un sorriso che non sapeva di allegria.

Chiuse il libro con uno schiocco secco. Lo tenne nella destra, e iniziò a batterlo sul palmo sinistro, come un tamburo sommesso. Il suono gli faceva da passo. Accelerò.

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