Incipit #1
Lo scroscio della pioggia copriva ogni rumore di quella sera di mezza estate. Là, sul limitare di una boscaglia, sedeva un vecchio vagabondo, la schiena appoggiata a un tronco massiccio. Era tutto avvolto nel suo tabarro nero, umido per l’acqua che cadeva incessante da diverse ore.
Collo sguardo puntato all’infinito, ma forse con la mente amaramente rivolta al passato, accarezzava quasi istintivamente, con la mano destra, un cucciolo di cane. L’animale ricambiava le attenzioni leccandogli dolcemente l’altra mano. La pioggia non dava tregua, insistente e inesorabile.
All’improvviso, il rumore ovattato di un galoppare iniziò a irrompere lungo la mulattiera che passava proprio davanti all’improvvisato riparo e conduceva alla vicina città di Reimar. Il rumore si faceva sempre più intenso e, nella foschia della pioggia, una sbiadita figura cominciò a delinearsi.
Il cucciolo drizzò le orecchie, si staccò dal vecchio e, abbaiando, si portò sul bordo della via. Un uomo a cavallo avanzava a gran carriera; un lungo mantello si gonfiava dietro di lui, mentre un cappuccio gli avvolgeva completamente la testa, adombrando il volto.
Era ormai a pochi metri dal cane, che ora emetteva un lungo e acuto ululato, ma l’uomo non rallentò. Oltrepassò l’animale e proseguì la sua corsa.
«Qui bello!» disse il vecchio battendo la mano a terra. Il cane con uno sbuffo di disapprovazione abbaiò un’ultima volta e si rimise al fianco dell'uomo che, preso per il capo, glielo scosse dolcemente.
«Un cane pulcioso e un vecchio pieno d'acciacchi non interessano a nessuno» proseguì con tono triste e rassegnato. Poi, con una smorfia sarcastica sul viso, tornò a fissare l'infinito, mentre il cucciolo, rannicchiandosi su se stesso, chiudeva lentamente gli occhi.
Reimar era deserta. L’acqua, che cadeva senza sosta, sembrava aver fermato completamente la città in attesa che il maltempo terminasse. Le taverne e le osterie semideserte erano le uniche fonti di luce in quella buia sera.
«Vattene, miserabile!» tuonò una prosperosa cortigiana dall'interno di una di quelle stanze.
«Non avrai pensato che qui la si dia via per niente!» rincalzò ironicamente una seconda, portandosi le mani sui larghi fianchi e mostrando maliziosamente una coscia e la gamba.
Davanti a loro stava un giovane cencioso, bagnato dalla testa ai piedi, con le orecchie leggermente a punta e lineamenti fini e delicati. Si trovava a pochi passi dalla porta: la luce della locanda doveva avergli fatto pensare a un posto dove ripararsi dalla pioggia.
«Ce li hai o no, questi soldi?» si affrettò a chiedere una grassa donna da dietro un lungo bancone. Teneva i gomiti appoggiati su di esso, mentre le mani sostenevano il viso annoiato. Un grosso neo peloso le deturpava il mento, e alcune ciocche di capelli unti spuntavano da sotto una fitta retina che le raccoglieva la chioma.
In quella posizione sembrava ciondolarsi avanti e indietro, come se qualcosa le spingesse a scatti il posteriore, mentre i grossi seni, messi in bella vista da un'audace scollatura, strusciavano sul bancone davanti a sé. Dietro di lei, un robusto uomo, con le brache calate, le aveva sollevato la lunga gonna logora e spingeva ansimando, cingendole i fianchi con le mani robuste da sotto i vestiti, a volte staccandone una per bere da un boccale di birra posto su uno scaffale lì vicino.
Fuori la pioggia cadeva incessante. Ancora scosso, il ragazzo si appoggiò al muro della locanda, cercando un parziale riparo sotto la sporgenza del tetto. Inspirò profondamente e si fermò ad ascoltare l'acqua che cadeva.
La porta della locanda era a pochi passi da lui, ma era ancora troppo confuso per mettere a fuoco i commenti che giungevano dall'interno dopo la sua uscita. L'ansimare dell'uomo diventava sempre più marcato, quasi un urlo di dolore, seguito da un tonfo e dal rumore di mille cocci di vetro che si frantumavano sul pavimento.
Il ragazzo si incamminò all'istante lungo la strada, mentre dalla porta della locanda giungevano chiaramente le imprecazioni delle cortigiane.
Percorse la strada fino a trovarsi a una ventina di metri dalla porta della città, che alcune guardie stavano chiudendo. Si intrufolò quindi in un vicolo laterale. La pioggia calò bruscamente d'intensità, e il ragazzo esitò per un momento, sentendo il vociare delle guardie che riaprivano rapidamente il portone.
Poi, gli zoccoli di un cavallo in corsa calpestarono le pietre della strada principale, quella che conduceva alla rocca. La curiosità lo indusse a voltarsi, ma vide solo una fugace scia nera. Dopo poco, il tonfo delle ante del portone che si chiudevano, seguito dal silenzio della pioggia.
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