L’importante era crederci

Era appena rientrato a casa. Mentre si toglieva la giacca, il suo sguardo si posò sull'albero di Natale addobbato, e già pensava al giorno dopo.

Domani sarebbe stata l'Epifania, l'ultimo giorno di ferie. Il giorno in cui si smonta l'albero e, anche per quest'anno, il Natale si sarebbe concluso.

Un tempo, il pensiero di spostare i Re Magi davanti alla capanna del presepe gli dava una certa soddisfazione. Ora, invece, vedere quelle decorazioni gli provocava un senso di fastidio, come un compito da sbrigare.

Un mese prima aveva tirato fuori i cartoni del Natale con entusiasmo. Sistemare l'albero, appendere le luci e decorare la casa lo faceva sentire felice, quasi euforico. Ora, quelle stesse luci, che lampeggiavano pigre, gli sembravano un peso.

Il Natale era diventato una parentesi sospesa, in cui tutto si fermava: giorni pieni di pranzi, regali e promesse che spesso finivano dimenticate. Ma, si diceva, forse è giusto così. Le cose belle devono durare poco. È per questo che ci appaiono speciali.

Ora, però, con l’Epifania, poteva finalmente voltare pagina. Era come un atleta pronto sulla linea di partenza, con lo sguardo fisso sul commissario di gara. Lo start era vicino: solo smontando l’albero avrebbe potuto lanciarsi davvero verso quella “vita nuova” promessa dal nuovo anno.

Come sarebbe stata quella corsa, non lo sapeva. Ma l’importante, si ripeteva, era crederci. E, almeno per un po', provarci davvero

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